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Bøker i Classici della Letteratura Italiana-serien

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  • av Domenico Di Giovanni
    410

    Nel render che facciamo alla pubblica luce le graziosissime Poesie del celebre Fiorentino Burchiello, che il tempo, e la scarsezza delle edizioni aveva fatte assai rare, crederemmo mancare in parte ai doveri di un esatto editore, se lasciassimo di render ragione al Benigno Lettore di quel che ci. ha mosso a sì fatta impresa, e di quali mezzi ci siamo serviti per bene e perfettamente eseguirla. Ma prima di passare a questo, crediamo di non far cosa disgradevole a chi non abbia di questo bizzarro Poeta una sufficiente idea, a raccogliere alcuna notizia toccante la di lui vita, e i sentimenti degli uomini scienziati circa il di lui Stile, e maniera di poetare.

  • av Niccolo Palmeri
    383,-

    Poteano i primi Greci, che qui vennero a stanziare, per lo cui mezzo le notizie di quell¿età a noi si tramandarono, dare agli Aborigeni il nome di ¿¿¿¿¿¿¿¿ (figli della terra). Vuolsi che i primi, che trovarono in Egitto l¿arte di lavorare il ferro, e di fabbricare con grandi macigni ed informi, nell¿andar sotterra per trarne i massi e ¿l ferro, portavano una lucerna legata alla fronte; onde nacque la favola d¿esservi una straordinaria genìa d¿uomini, con un solo occhio circolare, per cui ¿¿¿¿¿¿¿¿ furono poi detti: e tal nome poi si diede ai fabbri e muratori delle seguenti età. Però ogni paese aver potea i giganti e i ciclopi suoi. E, perchè prima di ridursi a vita civile, molti ...

  • av Giuseppe Martini
    330

    grandezza di Roma, allorchè, assoggettati al suo imperio i vicini, ridotti in condizione poco men che servile i lontani, sulla sottomissione degli uni, e sulle rovine degli altri, ebbe essa fondato una potenza salda per leggi, per armi temuta, per costumanze e consuetudine rispettata. Se non che i primordii stessi della dominazione romana riuscirono alle popolazioni italiane elemento di cittadine guerre e discordie; perciocchè se da un lato coll'incorporarle al suo dominio fondò la repubblica romana una equalità territoriale per tutto lo Stato, dall'altro...

  • av Niccolo Palmeri
    383,-

    Di tutti i figliuoli del conquistatore soli Simone e Rugiero a lui sopravvissero; anzi tanto breve ed oscuro visse Simone, che molti pensano d¿essere anch¿egli morto prima del padre. Sin dall¿infanzia Rugiero diede a conoscere non ordinaria elevatezza d¿animo e perspicacia di ingegno. Vivente il padre, non altro erano i suoi fanciulleschi trastulli, che simulacri di guerra. Egli e ¿l piccolo Simone si facevan capitani di due schiere d¿altri fanciulli, che combattevano tra esse. Rugiero, che riusciva sempre vincitore in tali combattimenti, motteggiava il maggior fratello, dicendogli: Così trionferò di te dopo la morte di nostro padre e ti farò vescovo o papa: chè sei solo da ciò.

  • av Raffaello Fornaciari
    330

    Già nei preliminari alla prima parte della Sintassi spiegammo che cos¿è la proposizione, ne enumerammo gli elementi, e ne distinguemmo, in generale, le diverse specie, ed i modi con cui l¿una all¿altra si collega. Senza ripetere le definizioni date colà, vogliamo in questa parte seconda esporre primieramente l¿uso delle parti o degli elementi della proposizione in generale, e venir dipoi a insegnare l¿uso delle diverse proposizioni in particolare, considerate sì in sè stesse come nel loro accoppiamento.

  • av Antonio Gramsci
    383,-

    L'on. Giovanni Zibordi ha inviato al ministro delle finanze, on. Meda, questa interrogazione: Il sottoscritto interroga l'on. ministro delle finanze per sapere se, in vista dei molteplici cespiti di lucro che lo stato d'animo creato dalla guerra ha apportato alla Chiesa, e in considerazione delle numerose forme di speculazione sui rischi di guerra che la Chiesa stessa ha iniziato e va esercitando col richiedere alle famiglie oboli votivi in cambio di funzioni propiziatrici della divina grazia per la incolumità dei loro cari combattenti, non intenda che sia da estendere ai sacerdoti la imposta sui sopraprofitti di guerra.

  • av Grazia Deledda
    330

    Nel luglio del 1890 Gavina Sulis finì i suoi studi. Suo padre, ex-impresario di strade comunali, uomo abbastanza intelligente, le aveva fatto ripetere la quarta classe elementare, perchè nella piccola città non v'erano altre scuole femminili. Il giorno degli esami ella se ne tornava a casa pensando che oramai erano finiti per lei i giorni di libertà e d'ozio. Aveva quasi quattordici anni; si credeva già una donna matura, e ricordava le parole del suo confessore: «Il Signore ha detto che la donna deve custodire la casa, fuggire l'ozio e le cattive compagnie». Riguardo alle «compagnie» ella sfuggiva non solo le cattive, ma anche le buone; e imitava appunto il suo confessore che andava s...

  • av Riccardo Sonzogno
    330

    Chi può assistere al matrimonio di un vecchio con una giovinetta, senza provare quella strana amarezza nel cuore che non si sa bene definire, se derivata più dal predominio di un sentimento di gelosia o di compassione? Certo fa male all'anima: ecco la vaga e dolorosa sensazione. Io ero ancor ragazzo allora; avevo quell'età in cui l'amore è un sentimento disperante e soave, quando più fortemente si invidia ogni coppia innamorata, come per una felicità carpita a noi stessi, e, studentello abbandonato ai miei capricci, spasimante d'adorazione per ogni palpito d'amore che vibrasse nell'aria, esaltato dalle fiamme di rapidi desideri non sempre soddisfatti....

  • av Antonio Gramsci
    330

    Ogni mattino, quando mi risveglio ancora sotto la cappa dei cielo, sento che per me è capodanno. Perciò odio questi capodanni a scadenza fissa che fanno della vita e dello spirito umano un'azienda commerciale col suo bravo consuntivo, e il suo bilancio e il preventivo per la nuova gestione. Essi fanno perdere il senso della continuità della vita e dello spirito. Si finisce per credere sul serio che tra anno e anno ci sia una soluzione di continuità e che incominci una novella istoria, e si fanno propositi e ci si pente degli spropositi, ecc. ecc. È un torto in genere delle date.

  • av Olindo Guerrini
    330

    S'aví pazenzia d' lezer ste librett E ch'a sbrucheva i virs in rumagnol A i truvarí zinquanta e piò sunett Ch'av gudrí ch'a farí dal scapariol. Tott quant al ser prema d'andem a lett Par fev di virs ch' v'andess propri a fasol A tuleva vi l'oli da un fiaschett e i virs i'avneva fura da e' pipiol. Adess che i fiasch a mi so dbu tott quent A dag la mola a i virs ch'i vola vi

  • av Raffaello Fornaciari
    330

    La Sintassi della lingua italiana offre, per essere ben trattata, difficoltà di gran lunga maggiori, che non l¿etimologia. Lasciando stare l¿immensa materia che essa comprende, i suoi costrutti hanno una instabilità e varietà più grande, che non abbiano le forme delle parole. E per verità in questa parte, più che altrove, l¿uso regolare introdotto dalle scritture, e l¿uso popolare cö suoi idiotismi differiscono sovente, e gli scrittori stessi, anche buoni e corretti, ora all¿uno ora all¿altro propendono. Nè questa varietà si può, nella maggior parte dei casi, rimuovere, senza impoverire la lingua o nuocere alle varie e mutabili necessità dello stile, di cui uno dei mezzi più efficaci sta...

  • av Marchesa Colombi
    330

    Nell'autunno del 1869 mi trovavo a villeggiare ad Intra sul lago Maggiore.

  • av Luigi Settembrini
    330

    Santa Maria Apparente, 1849. Ecco il 23 luglio, mia dolcissima e diletta Gigia, ecco compiuto un mese del mio arresto, ecco rinnovellati quei dolori che amareggiarono la nostra prima gioventù. Sopportiamoli con animo forte, e con quel cuore che indurammo a quelle terribili pruove. Noi non abbiamo a vergognare di nulla: questo ci deve confortare sopra ogni altra cosa. Intanto io credo che non mi arrechi vergogna il confessare che io sento profondo dolore essendo lontano da te, cara compagna della vita mia, che dividesti meco qualche raro e modestissimo piacere, ed infinite amarissime sventure. Senza di te io mi sento senza mezzo il cuore;

  • av de Amicis Edmondo
    330

    AI GIOVANI ITALIANI Quando mi venne proposto di raccogliere in un volume i seguenti scritti, esitai, parendomi che i soggetti fossero troppo disparati, e che il libro sarebbe riuscito una miscellanea. Ma cedetti poi al cortese desiderio dell¿Editore, considerando che questi medesimi scritti hanno veramente qualcosa di comune tra loro; si riferiscono, cioè, per la maggior parte, ad avvenimenti seguiti in Italia negli ultimi due anni: ¿ dall¿inaugurazione degli Ossari di San Martino e Solferino, all¿apertura della Galleria delle Alpi, dall¿entrata del nostro esercito in Roma, al trasferimento della sede del Governo; ¿ avvenimenti de¿ quali può riescir gradito ed utile, specialmente ai giov...

  • av Vittoria Colonna
    595,-

    Scrivo sol per sfogar l'interna doglia, Di che si pasce il cor, ch'altro non vole, E non per giunger lume al mio bel sole, Che lasciò in terra sì onorata spoglia. Giusta cagione a lamentar m'invoglia: Ch'io scemi la sua gloria assai mi dole; Per altra penna e più saggie parole Verrà chi a morte il suo gran nome toglia. La pura fè, l'ardor, l'intensa pena

  • av Lev Nikolaevi¿ Tolstoj
    528,-

    Per quanto gli uomini, ammucchiati in uno stretto spazio a centinaia di migliaia, cercassero di isterilire quella terra sulla quale si stringevano; per quanto coprissero quella terra di pietre affinchè nulla più ci crescesse; per quanto estirpassero ogni stelo di erba che vi germogliava; per quanto appestassero l¿aria col carbon fossile ed il petrolio; per quanto tagliassero le piante e cacciassero tutti gli animali e tutti gli uccelli; ¿ pur tuttavia la primavera era la primavera, anche in città. Il sole riscaldava, l¿erba spuntava, cresceva e verdeggiava dovunque non la strappavano, e non solo sulle zolle dei giardini pubblici, ma anche fra i ciottoli delle vie;

  • av Augusto Elia
    330

    Nato in Ancona il 4 settembre del 1829 e figlio d'un marinaro, Elia volle fin dalla tenera età di nove anni intraprendere esso pure la carriera del mare incominciando ad esercitarla da mozzo e percorrendola tutta, fino a diventare Capitano di lungo corso. Nei suoi viaggi più volte gli era occorso di entrare in relazione con patrioti italiani; nei loro discorsi aleggiava già la fulgida figura di Giuseppe Garibaldi. Si sentivano entusiasmati dal racconto delle eroiche azioni da lui compiute nell'America del Sud, ne apprendevano i particolari con avidità e ne facevano prezioso tesoro.le

  • av Francesco Berni
    330

    Messer Antonio, io son inamorato del saio che voi non m'avete dato. Io sono inamorato e vo'gli bene proprio come se fussi la signora; guàrdogli il petto e guàrdogli le rene: quanto lo guardo più, più m'inamora; piacemi drento e piacemi di fuora, da rovescio e da ritto; tanto che m'ha trafitto, e vo'gli bene e sonne inamorato.

  • av Ferdinando Gregorovius
    383,-

    Nella state il battello a vapore del governo toscano, il Giglio, si reca una volta per settimana nell¿isola d¿Elba per portarvi la corrispondenza governativa, e passeggieri. Impiega circa cinque ore nel tragitto da Livorno, perchè tocca a Piombino, dove fanno breve fermata. Corre sempre lungo la posta toscana, godendosi la vista dell¿ampia e verdeggiante maremma, la quale circoscritta all¿orizzonte dai monti sovra cui sorge Volterra, digrada lentamente al mare. Si scorgono torri antiche ad ogni punto di sbarco, piccoli seni, alcune fabbriche e case di campagna, le quali...

  • av Torquato Tasso
    330

    Canto i felici affanni e i primi ardori che giovanetto ancor soffrì Rinaldo, e come ¿l trasse in perigliosi errori desir di gloria ed amoroso caldo, allor che, vinti dal gran Carlo, i Mori mostraro il cor più che le forze saldo; e Troiano, Agolante e 'l fiero Almonte restar pugnando uccisi in Aspramonte.

  • av Luciano Ziccoli
    330

    La prima volta che Cesare Lascaris entrò in casa delle due sorelle, il cielo sfarfallava di lampi infaticabili a levante e a ponente, come per un'alternativa di colori liquefatti e largamente diffusi sopra una cupola immensa. Roberta era stata ripresa dal suo male. Una leggera spuma rosea le era sgorgata dalla bocca, mentre innanzi alla finestra seguiva col binocolo un vapore, che all'ultima linea delle acque passava sotto il tumulto dei lampi, sotto il cumulo più nero delle nubi. Aveva deposto sùbito il cannocchiale, e volgendosi a Emilia con la pezzuola umida di sangue, aveva detto: ¿Ecco!¿rispondendo alla sorda inquietudine, che dalla prima comparsa del morbo le aveva confitto gli a...

  • av Lorenzo Viani
    330

    La Tradotta rullava nella profonda valle della Cisa tra una nuvola di bambagia, l¿erbe e l¿arie argentate dalla notte, che spolverava d¿oro anche il cielo, velavano di spazio il rotolio del treno. I treni lontani sembravano fumate come si fanno nell¿ottobre sull¿aie, nelle prime giornate di stridore. I lumi delle stazioni, da anni appannati di celeste, quella notte avevano rimesso in giallo, ma rari come i fiori delle rape in un campo insidrito dal vento di marzo; anche sul mare, cielo capovolto verso l¿abisso, le paranze avevano riacceso i fanali in vetta ai bompressi.

  • av Amos Parducci
    330

    Amore non è cagione di pene, ma di gioia. Sovente aggio pensato di tacere, mettendo in obrianza d'esto modo parlare intendimento, ma poi mi torna, punge e fa dolere la sovraismisuranza di quei c'han ditto d'aver sentimento de l'amoroso, dolce e car valore, nomandolo signore, ch'ard'e consumma di gioi' la verdura del suo fedel: servendolo soggetto, sempre li dá paura:

  • av Michelangelo Buonarroti
    330

    Molti anni fassi qual felice, in unabrevissima ora si lamenta e dole;o per famosa o per antica prolealtri s'inlustra, e 'n un momento imbruna.Cosa mobil non è che sotto el solenon vinca morte e cangi la fortuna.Sol io ardendo all'ombra mi rimango,quand'el sol de' suo razzi el mondo spoglia:ogni altro per piacere, e io per doglia,prostrato in terra, mi lamento e piango...

  • av Luciano Zuccoli
    330

    La prima volta che Cesare Lascaris entrò in casa delle due sorelle, il cielo sfarfallava di lampi infaticabili a levante e a ponente, come per un'alternativa di colori liquefatti e largamente diffusi sopra una cupola immensa.

  • av Giosue Carducci
    330

    Ave, o rima! Con bell'arte Su le carte Te persegue il trovadore; Ma tu brilli, tu scintilli, Tu zampilli Su del popolo dal cuore.

  • av Piero Gobetti
    330

    Carlo Felice fu l'ultimo re piemontese. Quartogenito di Vittorio Amedeo III, educato secondo il cerimoniale spagnuolo, ma tenuto lontano da ogni ambizione regale, poi ultimo sopravvissuto della famiglia, governò con la maschera di freddezza e il calcolo di astuzia di una vittima che ha ottenuto la sua rivincita quando non la sperava piú. L'audacia battagliera dei re del Settecento si attenua in lui per il ricordo dell'onta subita durante il periodo napoleonico. Nell'amletismo di Carlo Alberto c'è tutto il disorientamento della provincia di fronte all'Europa moderna. Dal '49 al '65 il Piemonte si sacrificò all'Italia per conquistarla.

  • av Giuseppe Giacosa
    330

    Salone elegantissimo. La porta comune a sinistra. A destra porta che mette in un salotto donde arrivano fino in scena le voci di più uomini che parlano allegramente con grossi scoppi di risa. SCENA I. Elena, Elvira, Gemma, Masina, Filippo. ELENA Filippo. FILIPPO Eccomi. ELENA Chiudete quell'uscio e servite il caffè.

  • av Errico Malatesta
    330

    (¿) Quando Bakunin venne in Italia, una profonda crisi travagliava il paese, e specialmente quella parte eletta del paese che partecipava alla vita politica non per basso egoismo di avventurieri ed arrivisti, ma per ragioni ideali ed amore sincero di bene generale. Il nuovo regno dei Savoia, cui aveva messo capo la lotta per l¿indipendenza d¿Italia, non rispondeva punto alle aspirazioni di coloro che prima e meglio di tutti avevano promosso e sostenuto il movimento. Per lunghi decenni schiere di generosi avevano combattuto con insuperato eroismo per liberare l¿Italia dalla tirannide dell¿Austria, del papa, dei Borboni e degli altri principotti che se ne dividevano il territorio. Era il ...

  • av Veronica Franco
    330

    S'io v'amo al par de la mia propria vita, donna crudel, e voi perché non date in tanto amor al mio tormento aita? E se invano mercé chieggio e pietate, perch'almen con la morte quelle pene, ch'io soffro per amarvi, non troncate? So che remunerar non si conviene mia fé cosí; ma quel mal, che ripara a un maggior mal, vien riputato bene piú d'ogni morte è la mia doglia amara,

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