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Bøker i Classici della Letteratura Italiana-serien

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  • av Gaetano Carlo Chelli
    330

    Da Piazza di Ponte a Campo di Fiori, padron Gregorio Ferramonti godeva la notorietà e la considerazione di un uomo, che si ritiene quasi milionario. Aveva costruito da sé la propria fortuna. Dei vecchi lo rammentavano ancora cascherino di Toto Setoli, un fornaio al Pellegrino, che lo aveva raccolto per carità. Poi il cascherino era passato garzone di banco; poi era andato ad aprire un buco di bottega, di faccia appunto all'antico padrone. Gli rubava la clientela, dopo avergli rubato i quattrini per fargli quella figuraccia. E da quel momento, la sua barca aveva sempre avuto, come si dice, il vento in poppa.

  • av Grazia Deledda
    330

    Il cordaio fu il primo ad attaccare le sue più belle corde, dal portone al palo che indicava il limite fra la sua aja e quella di Giovanni La Pioppa. Era la mattina del Corpusdomini. La processione, per eseguire la giravolta, doveva entrare nell'aja del cordaio, attraversare quella di Giovanni, uscire per il portone del zolfanellajo, la cui umile casetta era l'ultima del paese. Le tre famiglie si tenevano molto onorate di questa preferenza, e ogni anno formavano, con lenzuola attaccate a due fila di corde, una specie di viottolo semicircolare che cominciava dal portone di Sison il cordaio e finiva nel portone del zolfanellajo. Un palo di qua, uno di là, segnavano appena il limite delle ...

  • av Federico Tozzi
    330

    VIRGILIO E MARIO Virgilio è disteso sopra un sofà, con parecchi cuscini sotto la testa. All¿alzarsi del sipario, egli si desta e comincia a parlare. Mario è presso a lui con un libro in mano, legato in cuoio...

  • av Marie-Jeanne Riccoboni
    330

    L'ONORE, CHE ACCORDATO MI AVETE, madama, della graziosa vostra amicizia, mi ha sempre fatto desiderare di meritarla; e come le mie vicende, e quelle della defunta mia genitrice, ci hanno sovente esposte l'una e l'altra alla critica, credomi in necessità di giustificare agli occhi vostri la condotta sì dell'una, che dell'altra. Lady Sara, che a me diede la vita, figlia era di milord Alderson, uomo altrettanto ricco de' beni di fortuna, quanto scarsamente ornato di quelli della natura; conosciuto voi non l'avete; e come dalla singolarità del suo carattere ebbero origine le nostre peripezie, necessario è ch'egli serva di preliminare alla storia della mia vita, ch'io intendo sottomettere al ...

  • av Paolo Sarpi
    330

    È costume di chi scrive istoria nel principio proponer il modello della trattazione; nondimeno io ho stimato ben differirlo a questo passo, facendolo ritratto delle cose narrate [e] dissegno di quelle che sono per raccontare. Avendo deliberato alle memorie da me raccolte dar qualche forma che non superasse la facoltà mia e fosse piú accommodata alla materia, ebbi considerazione che, fra tutti i maneggi in questo secolo tra cristiani occorsi, e forse anco in quelli che negl'anni rimanenti occorreranno, questo tiene il primo luogo, e che, delle cose riputate il piú degl'uomini sentono beneficio e piacere d'intenderne le minuzie: perciò giudicai convenirgli la forma di diario.

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    330

    ISOCRATE O figliuolo di Clinia, credo che ti maravigli ch'io primo tuo amatore, gli altri ritraendosi, io solo non mi ritragga; e che allora quando t'affollavan gli altri co' loro ragionamenti, io, è tanti anni, non t'abbia mai detto nulla. Questo fu, non per alcuna umana cagione, ma sí per un cotal divieto del Demone; la possanza del quale udirai e saprai tu dopo. Dacché ei non me ne fa piú divieto ora, io mi sono accostato a te: e spero ch'e' non me ne vorrà fare divieto né anche poi. Ma t'ho avuto l'occhio quasi tutto questo tempo, e bene io ho notato come ti contenevi co' tuoi amatori: ché non fu nessuno di quelli, ed eran pure molti e cosí orgogliosi, che, umiliato dal tuo orgoglio, ...

  • av Paolo Sarpi
    330

    Arrivò in Trento il cardinal Morone dalla legazione sua d'Ispruc il 17 maggio et immediate s'incomminciò a trattare tra li legati del giorno della sessione, essendo vicino il 20, quando si doveva determinare; e non avendo ancora, né sapendo quando si potessero aver le materie in ordine, il giorno 19 nella congregazione fu prorogato il termine sino a 10 di giugno, per determinare allora il giorno prefisso. In quella congregazione due cose notabili successero. L'una fu la contenzione se apparteneva a' legati overo al concilio il deliberare se li procuratori de' vescovi dovevano esser admessi in congregazione, come detto abbiamo che da Lansac fu ricercato.

  • av Thomas Maccrie
    330

    È un fatto incontestabile, sebbene possa sembrare improbabile a coloro che sono poco pratici della storia Ecclesiastica, che la pretesa supremazia dei vescovi di Roma, dopo che le più remote chiese dell¿Occidente vi si erano sottomesse, trovò resistenza in Italia. La diocesi d¿Italia, di cui Milano era capitale, restò lungo tempo indipendente da Roma, e praticò un diverso rito, che in seguito fu chiamato la Liturgia Ambrosiana. Non fu prima dell¿undecimo secolo, che i Papi riuscirono di stabilire la loro autorità a Milano, e indussero i vescovi di quella sede a richiedere da Roma il pallio arcivescovile.

  • av Emilio Salgari
    330

    Quella sera la taverna El Toro, contrariamente al solito, brulicava di persone, come se qualche importante avvenimento fosse avvenuto o stesse per succedere. Quantunque non fosse una delle migliori di Maracaybo, frammiste a marinai, a facchini del porto, a meticci e ad indiani caraibi, si vedevano - cosa piuttosto insolita - delle persone appartenenti alla migliore società di quella ricca ed importante colonia spagnola: grossi piantatori, proprietari di raffinerie di zuccheri, armatori di navi, ufficiali della guarnigione e perfino qualche membro del governo. La sala, piuttosto ampia, coi muri affumicati, dall'ampio camino, malamente illuminata da quelle incomode e famose lampade usate ...

  • av Paolo Sarpi
    330

    Il pontefice, per la dissoluzione del concilio liberato da molti pensieri, riputò bene prevenire le occasioni che potessero farlo ricader di nuovo, e propose in concistorio la necessità di riformare la Chiesa: che per questo effetto aveva ridotto il concilio a Trento il quale non avendo portato il fine da lui desiderato per gl'accidenti della guerra, prima d'Italia, e poi anco di Germania, giusta cosa era far in Roma quello che in Trento non s'era potuto. Ordinò per tanto una congregazione numerosa de cardinali e prelati che attendessero all'opera. Dell'averne eletto molti, egli allegava la causa, acciò le risoluzioni passassero con maturità et avessero riputazione maggiore;

  • av Paolo Sarpi
    330

    I legati, conforme a quello che il pontefice ultimamente commandato aveva, a' 15 di genaro fecero una congregazione generale, nella quale il cardinale di Mantova, come primo legato, ebbe un conveniente raggionamento della necessità et opportunità d'aprire il concilio, essortò tutti i prelati ad aiutare cosí santa e pia opera con digiuni, limosine e frequenti celebrazioni di messe. Dopo fu letta la bolla della legazione, data sotto il dí 10 marzo precedente, la qual era in termini generali con le solite clausule, che gli mandava come angeli di pace per preseder al concilio convocato e che doveva aver principio alle feste di risurrezione.

  • av Elias Lonnrot
    410

    Nella mente il desiderio mi si sveglia, e nel cervello l¿intenzione di cantare, di parole pronunziare, cö miei versi celebrare la mia patria, la mia gente: mi si struggon nella bocca, mi si fondon le parole: mi si affollan sulla lingua, si sminuzzano fra i denti. Caro mio fratello d¿oro, mio compagno dai prim¿anni! ora vieni a cantar meco, a dir meco le parole! da diverso luogo, insieme ora qui ci siam trovati...

  • av Luciano Zuccoli
    383,-

    ¿ Prendi quelle valigie e portale in questo scompartimento. Su, presto, che il treno riparte!

  • av Luigi Pirandello
    330

    Antonio Pentàgora s'era già seduto a tavola tranquillamente per cenare, come se non fosse accaduto nulla. Illuminato dalla lampada che pendeva dal soffitto basso, il suo volto tarmato pareva quasi una maschera sotto il bianco roseo della cotenna rasa, ridondante sulla nuca. Senza giacca, con la camicia floscia celeste, un po' stinta, aperta sul petto irsuto, e le maniche rimboccate sulle braccia pelose, aspettava che lo servissero. Gli sedeva a destra la sorella Sidora, pallida e aggrottata, con gli occhi acuti adirati e sfuggenti sotto il fazzoletto di seta nera che teneva sempre in capo. A sinistra, il figlio Niccolino, spiritato, con la testa orecchiuta da pipistrello sul collo stralun...

  • av Nicolò Macchiavelli
    330

    Poi che da la Vostra Santità, Beatissimo e Santissimo Padre, sendo ancora in minore fortuna constituta, mi fu commesso che io scrivessi le cose fatte da il popolo fiorentino, io ho usata tutta quella diligenzia e arte che mi è stata dalla natura e dalla esperienzia prestata, per sodisfarLe. Ed essendo pervenuto, scrivendo, a quelli tempi i quali, per la morte del Magnifico Lorenzo de' Medici, feciono mutare forma alla Italia, e avendo le cose che di poi sono seguite, sendo più alte e maggiori, con più alto e maggiore spirito a descriversi, ho giudicato essere bene tutto quello che insino a quelli tempi ho descritto ridurlo in uno volume e alla Santissima V.B. presentarlo, acciò che Quella...

  • av Paolo Valera
    330

    «CREDETE a me, caro signor Luraschi, se voi siete un giornalista con dei pregiudizi, venuto nella nostra Isola con dei preconcetti, la è finita; io non ho altro da aggiungere. Ma se siete un giornalista che salta la leggenda e studia l'ambiente per proprio conto, voi ritornerete al vostro giornale un difensore del siciliano trascinato per le colonne dei giornali come un delinquente nato. Qualcuno, non ricordo più chi, ha paragonato la Sicilia all'Irlanda e non ha avuto torto. In Irlanda un contadino taglia i garretti al bestiame di un landlord, ed ecco tutta la Grande Bretagna in aria come se si trattasse di un avvenimento inaudito. Il dizionario non ha più sostantivi abbastanza roventi ...

  • av Leonardo Bruni
    528,-

    Io ho pensato lungo tempo meco medesimo, e spesse volte ora nell'una sentenza ed ora nell'altra inclinato, se le cose fatte e le contese avute di fuori e dentro dal Popolo Fiorentino, e se le gloriose opere di quello, accadute al tempo della guerra e della pace, erano da scrivere e mandare alla memoria delle lettere. Dall'una parte m'incitava la grandezza d'esse cose, le quali questo popolo, prima fra sè medesimo nelle civili dissensioni, di poi contro a' finitimi e vicini, e finalmente ne' tempi nostri, cresciuto in maggiore potenza, e col Duca di Milano e col re Ladislao, potentissimi principi, in tal modo ha avuto a fare, che dall'Alpe insino alla Puglia, quanto si distende la lunghezz...

  • av Grazia Deledda
    330

    Era un sabato sera, la vigilia della festa di San Basilio, patrono del paese di Barunèi. In lontananza risonavano confusi rumori; qualche scoppio di razzo, un rullo di tamburo, grida di fanciulli; ma nella straducola in pendio, selciata di grossi ciottoli, ancora illuminata dal crepuscolo roseo, s'udiva solo la voce nasale di don Simone Decherchi. «Intanto il fanciullo è scomparso», diceva il vecchio nobile, che stava seduto davanti alla porta della sua casa e discuteva con un altro vecchio, ziu Cosimu Damianu, suocero d'un suo figlio. «Chi l'ha veduto? Dov'è andato? Nessuno lo sa. La gente dubita che l'abbia ucciso il padre... E tutto questo perché non c'è più timor di Dio, più onestà.....

  • av Niccolo Machiavelli
    330

    Lo animo mio era, quando al principio deliberai scrivere le cose fatte dentro e fuora dal popolo fiorentino, cominciare la narrazione mia dagli anni della cristiana religione 1434, nel quale tempo la famiglia de' Medici, per i meriti di Cosimo e di Giovanni suo padre, prese più autorità che alcuna altra in Firenze; perché io mi pensava che messer Lionardo d'Arezzo e messer Poggio, duoi eccellentissimi istorici, avessero narrate particularmente tutte le cose che da quel tempo indrieto erano seguite. Ma avendo io di poi diligentemente letto gli scritti loro, per vedere con quali ordini e modi nello scrivere procedevano, acciò che, imitando quelli, la istoria nostra fusse meglio dai leggenti...

  • av Grazia Deledda
    330

    Stare in casa, lavorare, riposarsi, riprendere il ricamo cominciato, leggere giornali e qualche libro, fare intorno a sé il poco bene che poteva, questa era la linea quotidiana dell¿esistenza e della pallida felicità della signora Noemi Davila. Anche quella mattina, anzi più che mai quella mattina, ella si svegliò con la visione di tale strada diritta e chiara davanti a sé. Aveva dormito bene tutta la notte, e al suo primo svegliarsi ringraziò Dio anche di questo. Era presto ancora per alzarsi: fuori faceva freddo, sebbene dalla chiarità sonora dei rumori anche i più lontani, e dalla luce azzurrina che rischiarava i vetri appannati, si sentisse la bellezza della giornata invernale: fors...

  • av Publio Virgilio Marone
    383,-

    L'armi e l'uom canto che dal suol di Troia primo in Italia profugo per fato alle lavinie prode venne, molto e per terre sbattuto e in mar da forza ei de' Celesti per la memore ira de la crudel Giunone, e molto ancora provato in guerra, fin ch'ebbe fondata la città e gli Dei posti nel Lazio, onde il Latino genere e gli Albani padri e le mura de l'eccelsa Roma.

  • av Lucio Apuleio
    330

    Firenzuola, posta appiè delle Alpi che sono tra Firenze e Bologna, è picciolo castello, ma come il nome e le sue insegne dimostrano, nobilitato e tenuto caro da' suoi Signori; e Fiorenza medesima sono la mia antica patria; perciocchè da Firenzuola, ma della più ricca e più orrevol famiglia di quelle contrade, discesero i miei antichi progenitori; ed in Firenze, essendo stato Pietro mio atavo, con auspicio di quello ammirando Cosimo, il quale fu meritamente Padre della Patria appellato, nel numero degli altri cittadini nacquero Carlo mio avolo e Bastiano mio padre in assai stato ed abbondanza de' beni della fortuna.

  • av Filippo Tommaso Marinetti
    330

    La sera del primo giugno 1918 nella baracca dei bombardieri piantata spavaldamente a sghimbescio sopra una cresta montana di Val d¿Astico, si mangiava e beveva allegramente. Le lunghe lunghe forchette rosse del tramonto s¿intrecciavano con le nostre, arrotolando gli spaghetti sanguigni e fumanti. Una ventina di ufficiali, tenenti, capitani, colonnello Squilloni giocondo e pettoruto a capo-tavola. Fame da bombardieri dopo una giornata di lavoro duro. Silenzio religioso di bocche che masticano preghiere succolente. Teste chine sui piatti. Ma i più giovani non amano le pause, e vogliono ridere, agire. Sanno la mia fantasia feconda in beffe e mi eccitano con occhiate. C¿è troppo silenzio a ta...

  • av Remigio Zena
    330

    Mancava un quarto a mezzanotte. Appena sceso di vettura sotto l'atrio della stazione di Genova e avviato il servitore a spedirgli il bagaglio, nell'andirivieni dei viaggiatori in partenza Marco Cybo si trovò faccia a faccia col senatore Tommaseo. ¿ Senatore, che buon vento? anche lei sulle mosse? ¿ Per Roma. Sono arrivato stamattina da Parigi. Anche lei a Roma? bravo, faremo viaggio insieme. ¿ Ha notizie della marchesa? ¿ Scusi.... ¿ Ha notizie della marchesa?

  • av Giuseppe Rensi
    330

    L¿idealismo filosofico, nella sua essenza fondamentale, è ed è sempre stato razionalismo. La sua pretesa e il suo sforzo sono sempre stati quelli di stabilire un concetto sommo ¿ asserendo che perchè esso è logicamente sostenibile, o dimostrabile, o necessario, così esso non può non possedere anche l¿esistenza di fatto, la realtà ¿ e mostrare come da tale concetto sommo scaturisca, necessariamente, da sè, quasi a dire automaticamente (e non già perchè tale scaturire sia solo lo specioso risultato d¿una deduzione operata da noi, dalla nostra testa particolare, e quindi deduzione soggettiva, e perciò forse arbitraria) tutto ciò che è (la natura e la storia) e tutto ciò che deve essere (la m...

  • av Franco Sacchetti
    330

    Giovanni Apostolo sotto ombra di santa persona, entra in un romitoro, avendo a fare con tre romite, che piú non ve n'avea. Fu a Todi, non è molto, uno che era chiamato Giovanni dell'Innamorato, ed era di questi che si chiamano Apostoli, che vanno con le fogge vestiti di bigio sanza levare mai gli occhi in alto; e ancora facea in Todi l'officio del barbiere. Era costui molto usato d'andare di fuori in certi luoghi di Todi, e spesso passava da uno romitoro, dove erano tre giovene romite, che l'una era bellissima quanto potesse essere.

  • av Carlo Goldoni
    330

    Deh non siavi discaro, amabilissimo Signor Conte, che dedicandovi una mia Commedia, dia a Voi una vera testimonianza del mio rispetto, e che vi renda, per quant'io posso, quell'onore che a me recate colla vostra pregievolissima e liberale amicizia. Sino dalla mia infanzia si è radicata in me la stima e la venerazione della degnissima persona vostra. Foste il più caro, il più cortese amico del Padre mio. Brillaste seco lui nei vivacissimi anni della fervida gioventù, e furono comuni i piaceri vostri sino da quel tempo degni del vostro spirito e del vostro talento. Ricordomi ancora quei dì felici, ne' quali tacevasi dall'Avolo mio paterno una brillante Villeggiatura in Roncade, convertita l...

  • av Franco Sacchetti
    330

    Messer Tommaso di Neri manda un suo lavorante di lana al maestro Tommaso perché lo curi d'alcuno difetto; e portando l'orina al maestro, ne porta un pieno orinale e un mezzo orciuolo; e quello che ne seguita. Un'altra bella sperienza mi fa venire a memoria la precedente novella; la quale consigliò maestro Tommaso del Garbo. Fu, non è gran tempo, un fattore di arte di lana, il quale era grandissimo bevitore, e stava con messer Tommaso di Neri di Lippo, e messer Tommaso di lui spesse volte avea gran piacere, e tenealo per suo grande amico. Avvenne per caso che questo fattore piú volte s'era doluto col detto messer Tommaso, come spesse volte si sentía gran doglia nella testa, e che ...

  • av Emilio Salgari
    383,-

    - Ohe, ragazzi! Altro che balene! Sono i ribbon-fish, che vengono a galla. Brutto segno, amici!... - Voi brontolate sempre, bosmano. - disse la voce quasi infantile di un mozzo. - Che ne sai tu dell'Oceano Pacifico e delle sue isole, ragazzaccio, che hai finito di poppare appena qualche mese fa. - No, bosmano, ho sedici anni suonati e sono figlio di un marinaio. - Sì, d'acqua dolce forse. Scommetterei che non è mai uscito dal porto di Valdivia e che non sapeva guidare nemmeno una balsa, tuo padre. - Era un cileno come voi...

  • av Arturo Graf
    330

    Il nome ch¿io porto non è quello che dovrei portare; dacchè io non sono figliuolo, nè del conte Alberto Ranieri, da tutti reputato mio padre, nè di Agata Friuli, sua moglie, da tutti reputata mia madre. Perchè mi fosse imposto un nome che non m¿appartiene; quale sia il nome con cui dovrei veramente chiamarmi; e per che modo io sia giunto a penetrare un oscuro e doloroso segreto, non noto da prima a più che a tre persone, delle quali l¿una era già morta da molti anni quand¿io lo penetrai, e che tutte e tre posero in custodirlo gelosissima cura, si saprà forse un giorno, se queste pagine, ove io venni raccogliendo in parte le memorie della mia vita e de¿ miei pensieri, vedranno la luce e tr...

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