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Dieci storie per raccontare protagonisti e vicende di Canino nell'età moderna.Tanti sono i personaggi che hanno partecipato al cambiamento sociale, economico, urbanistico, architettonico e culturale di questo luogo, ciascuno di loro ha contribuito secondo le caratteristiche della propria epoca e sue personali. All'interno di queste pagine ne viene proposta una rassegna, certamente non esaustiva, ma che contribuisce a delineare il quadro dell'interazione tra uomini e territorio. Il libro nasce dalla volontà dell'autore di raccogliere insieme una serie di scritti realizzati in periodi diversi, il tema comune è comunque quello della ricerca storica che ha in Canino il suo epicentro. Riguardo al titolo del libro, che può risultare strano e misterioso, questo riprende l'iscrizione che si trova sugli architravi delle finestre di Palazzo Miccinelli in Piazza Vittorio Emanuele, già Piazza del Mercato. La frase potrebbe essere tradotta così Con il favore di Dio, l'invidia sarà scacciatauna espressione a metà strada tra il valore apotropaico e l'invocazione, che spesso passa inosservata a chi visita Canino.
La ricerca ha mosso i suoi passi dallo studio di due libri catastali conservati presso l'Archivio Storico Comunale di Viterbo: il "Nuovo compendio al Catasto Piano" ed il "Catasto Urbano e Civile". I due volumi, entrambi risalenti al 1803, sono da ascrivere alla migliore politica riformistica pontificia Sette-Ottocentesca da attribuire ai Papi Pio VI e Pio VII. L'analisi di quei catasti ha inevitabilmente fatto sorgere numerose domande, prima fra tutte quella su chi fossero coloro che si trovavano iscritti in quei libri ma anche su quale tipo di società li aveva espressi.La scelta di utilizzare i catasti non è da considerarsi neutra, ma obbliga ad inquadrare i soggetti che in essi sono presenti da un punto di vista particolare, quello dei "possidenti di beni stabili", che nasconde però il resto della società formata dai "non possidenti". L'analisi di ogni catasto comporta dunque l'esame di una élite, che è da considerarsi tale in quanto possiede beni non disponibili a tutti.Lo studio ha ripercorso a ritroso, partendo dalle condizioni date alla prima metà del XIX secolo, il cammino fatto da quegli uomini per arrivare ad essere l'élite di Viterbo. Una indagine che non poteva esimersi dall'analisi dell'assetto politico ed istituzionale cittadino, di come questo si era andato formando e modificando nel corso del tempo, cercando di capire quali forze endogene ed esogene erano state responsabili della sua forgiatura, anche perché molti di coloro che comparivano in quei catasti ricoprivano, o avevano ricoperto, importanti ruoli nelle magistrature civiche.Seppur sottoposto a numerose traversie, ancora alla prima metà del XIX secolo il governo della città era saldamente in mano al patriziato cittadino che, di "padre in figlio", si era assicurato il perdurare del proprio potere oligarchico attraverso la separazione di ceto e l'accesso esclusivo alle magistrature civiche così come sancito dallo Statuto del 1649.Di grande rilievo per la società viterbese fu il ruolo avuto dalle diverse istituzioni ecclesiastiche, Chiese, Conventi, Monasteri, Ospedali, Opere pie ed anche dall'esteso sistema beneficale ad esse soggiacente. Un potere, quello ecclesiastico, non soltanto legato ai riti della fede e della devozione, ma anche alla vastità ed alla consistenza del patrimonio mobiliare ed immobiliare che surclassava quello della componente laica.Un mondo che però, già sul finire del XVIII secolo, stava cedendo sotto le bordate di nuove idee e nuove aspirazioni sociali, un vento di cambiamento che dalla Francia stava investendo e travolgendo la società fondata sull'ancien régime e che rappresenterà, in quegli anni, il paradigma per tutte le Nazioni e i popoli europei.
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