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Nel novembre del 2019 la Santa Sede ha approvato il Decreto sulle virtù eroiche della serva di Dio suor Giovanna Battista Solimani (1688-1758), al secolo Maria Antonia, fondatrice nel 1744 dell'Ordine delle Monache Romite di San Giovanni Battista. L'autore del testo ripercorre la vita e i prodigi di questa straordinaria mistica di Genova vissuta nel XVIII secolo. Il volume, riccamente illustrato, contiene anche una lettera autografa inedita di suor Solimani, datata il 30 aprile del 1745.
In questo volume viene riproposto ai lettori il breve saggio sugli Scritti del santo contenuto negli "Atti del Terzo Centenario della morte". Inoltre vengono esaminati i testi dati alle stampe in occasione di questo felice anniversario. Nella seconda parte è presentata una galleria storica di tutte le principali pubblicazioni sul grande taumaturgo della Compagnia di Gesù, a partire dalle prime agiografie scritte da Carlo Stradiotti, Simone Bagnati, Carlo De Bonis e Longaro Degli Oddi, fino ad arrivare alle opere di Julien Bach, di Francesco Maria D'Aria e di Francesco Occhibianco.
In questo volume vengono pubblicate per la prima volta le lettere del santo missionario gesuita Francesco de Geronimo (1642-1716), apostolo di Napoli. Alle quattro già note indirizzate al padre Generale della Compagnia di Gesù Gian Paolo Oliva (1600-1681), alle due scritte al Visitatore Luigi Vincenzo Mamiani (1652-1730) e a quelle inviate al fratello Tommaso, arciprete di Grottaglie, a Francesco Torre, imprenditore ittico, a suo figlio Marco e alla principessa de Arena, si aggiungono le tante missive che il taumaturgo fece pervenire alle monache dei diversi monasteri di Napoli. Nell'elenco pubblicato nella Positio super dubio furono registrate 147 lettere scritte alle suore e ai confratelli, senza contare quelle che, invece, ebbero come destinatari i congregati della missione urbana, i parenti e tanti personaggi ragguardevoli.
San Francesco de Geronimo (1642-1716) e la Madonna: un legame profondo e viscerale; un amore filiale straordinario ed ineffabile. Il taumaturgo gesuita fu l'autore del canto mariano "Dio ti salvi, Regina", che divenne l'inno nazionale della Corsica.Il santo missionario del Regno di Napoli affermò che un cristiano difficilmente si potrebbe salvare se non è stato un vero devoto della Madonna, che è la chiave d'oro del Paradiso. Per ventidue anni, ogni martedì, tenne un ciclo di prediche nella chiesa di "Santa Maria di Costantinopoli", alla quale i napoletani erano particolarmente devoti, in quanto protettrice della città durante le calamità naturali.Prima di uscire dal "Gesù Nuovo" per andare a predicare nei pressi del Maschio Angioino e nei Quartieri spagnoli rivolgeva uno sguardo alla Madonna. Nelle carceri, negli ospedali e nelle galere distribuiva delle medagliette che aveva fatto realizzare e che riproducevano l'effigie della "Mater Divinae Gratiae".
Il 1 luglio del 1671, al termine del primo anno di Noviziato, scorgendolo maturo nelle virtù e ben provvisto di zelo i superiori affidarono a san Francesco de Geronimo (1642-1716), originario di Grottaglie, la missione in terra d'Otranto, "per essere sempre in moto...per quelle città, terre e castella".Si trattava di un incarico particolarmente impegnativo, finalizzato a soccorrere con animo e fatiche apostoliche i casali di quel vasto paese.Al suo fianco ci fu il gesuita napoletano ed oratore sacro Agnello Bruno.Ai leccesi il de Geronimo e il Bruno sembrarono una coppia di Angeli. A Lecce, sulla tomba dell'allora Venerabile Bernardino Realino S.I. (1530-1616) il santo pronunciò il 2 luglio del 1672 i voti di povertà, castità ed obbedienza. Nell'Archivio storico napoletano della Compagnia di Gesù si conservano gli autografi delle prediche fatte a Lecce, mentre imperversava la carestia.Il de Geronimo morì a Napoli l'11 maggio del 1716. Fu canonizzato dal papa Gregorio XVI il 26 maggio del 1839.
Le prediche del padre Francesco de Geronimo, missionario della Compagnia di Gesù (1642-1716) suscitano ancora oggi un certo fascino, nonostante siano trascorsi ormai più di tre secoli. In questo volume l'autore propone l'intervento del santo su tre tematiche di particolare interesse, la pazienza, il tempo e la penitenza. La narrazione è coinvolgente, il linguaggio è sobrio, ma efficace. Anche in questi sermoni, frutto di studio e preghiera, il taumaturgo ricorre ai topoi dell'omiletica e ad alcune figure retoriche quali le anafore, le frasi interrogative, le similitudini. Spesso utilizza, anche, la sticomitia. Abbondano le citazioni bibliche e non mancano riferimenti ai Padri della Chiesa e ad autori della classicità, come Seneca. Francesco Occhibianco, appassionato studioso (e devoto) del de Geronimo, ha recentemente pubblicato per Lulu.com tutta una serie di volumi per ricordare questo grande apostolo di Napoli.
Il padre Francesco de Geronimo (1642-1716), santo della Compagnia di Gesù e missionario nel Regno di Napoli, si soffermò spesso, nelle sue prediche, sulle straordinarie sofferenze di Gesù, dalla flagellazione alla crocifissione sul Golgota. Egli rievocò con grande commozione ed intensità questi momenti drammatici della vita del Redentore. Ogni volta che leggeva il Passio non riusciva a trattenere le lacrime. I fedeli che assistevano alla messa lo vedevano singhiozzare e provavano una profonda ammirazione. Bisognerebbe meditare la Passione di Cristo almeno un quarto d'ora al giorno, rimarcò il santo nei suoi sermoni. Giuda Iscariota tradì Gesù per un piccolo interesse e con un bacio "precipitò nel più profondo abisso delle miserie". Anche noi, purtroppo, "vendiamo" Cristo e lo crocifiggiamo tutte le volte che commettiamo un peccato mortale. I beni mondani sono "tele di ragno"; per questo motivo bisogna considerarli come "fumus" e vivere con onestà, praticando le sante virtù.
E' un semplice cordone, un cordiglio lungo e sottile color sabbia ed acqua marina, eppure questa bella reliquia è una straordinaria e significativa testimonianza della vita e dei miracoli del frate cercatore alcantarino Egidio Maria di San Giuseppe (1729-1812),figlio di un funaiolo ed originario di Taranto. Visse a Napoli, nel convento di San Pasquale a Chiaia e fu canonizzato dal papa Giovanni Paolo II nel 1996. In questo volume di Francesco Occhibianco sant'Egidio continua a parlare di Dio, attraverso un apostolato autentico, umile e caritatevole che gli meritò il titolo di "Consolatore di Napoli"
Il Saverio fu, per san Francesco de Geronimo, il modello perfetto del missionario, disposto persino a perdere la vita per la diffusione della Fede. Fin dai primi respiri del Noviziato il taumaturgo di Napoli volle emulare il grande apostolo delle Indie e del Giappone. In quattro lettere indìpete indirizzate al Generale Gian Paolo Oliva il padre Francesco chiese, "con le ginocchia piegate", di poter andare "Otras Indias", al fine di "consumare la vita tra barbari e idolatri o tra carceri e scimitarre", per la maggior gloria di Dio. Il Preposito della Compagnia di Gesù gli rispose: "Le tue Indie saranno Napoli". Così dal 1676 al 1716, anno della sua morte, il padre Francesco fu, per la città del Vesuvio, "un secondo Saverio", umile e caritatevole, sempre pronto a soccorrere i poveri e i carcerati, a redimere le meretrici, a convertire i turchi delle galere.In un ciclo di dieci prediche, proposte nella loro versione integrale, il de Geronimo manifestò tutta la sua ammirazione per il Saverio.
I Fioretti di san Francesco de Geronimo, celebre missionario della Compagnia di Gesù ed apostolo di Napoli raccontano in maniera aneddotica la vita del santo attraverso i fatti memorabili e i principali miracoli (compiuti nel nome di san Francesco Saverio e di san Ciro) ricavati dal ricco repertorio agiografico e dai Processi.Leitmotiv della narrazione è l'umiltà e la semplicità di un religioso straordinario, che nutriva per il prossimo un amore sconfinato. Era il "padre" dei bisognosi, degli ammalati, dei carcerati e delle donne periclitanti e di quelle costrette a prostituirsi a causa della povertà e della miseria. Per quarant'anni il de Geronimo è stato protagonista nelle "Indie di quaggiù" (quelle "domestiche") del Regno di Napoli. Dedicò tutte le sue energie per svolgere al meglio la sua missione urbana, che si può considerare davvero esemplare e, per molti aspetti, inimitabile.
Francesco Occhibianco è un appassionato studioso del santo missionario gesuita Francesco de Geronimo, nato a Grottaglie il 17 dicembre del 1642 e morto a Napoli l'11 maggio del 1716. In questo libro, partendo da quello che può essere considerato il più antico dipinto ad olio che ritrae il taumaturgo (si tratta di un quadro proveniente da Avellino), l'Autore ricostruisce in maniera completa e capillare l'intera iconografia degeronimiana. Il padre Francesco de Geronimo, come scrissero i suoi primi biografi, Carlo Stradiotti, Simone Bagnati e Carlo De Bonis, aveva una fronte alta e spaziosa, un naso aquilino, un collo sottile. Gli occhi erano vivaci e penetranti. La sua voce, che all'inizio del suo apostolato sembrava non poter reggere la fatica di tante prediche, veniva ascoltata anche ad una certa distanza. La carnagione del santo era bruna, i capelli neri, ma radi. Nell'ultimo periodo della sua vita, la mancanza di denti conferiva al suo volto un aspetto di grazia e non difetto.
L'Eucaristia è il "locus princeps" delle prediche del padre Francesco de Geronimo, missionario della Compagnia di Gesù ed Apostolo di Napoli. Quel sacro boccone, memoriale ed anamnesi dell'ultima cena, è pane vivo disceso dal Cielo, una "medicina" straordinaria e taumaturgica: più si prende e più agisce con maggiore efficacia. Questo "latte spirituale" rinvigorisce e fortifica lo spirito, mantiene l'anima in vita e la tiene lontana dai peccati, sana le infermità dei nostri vizi, respinge le ricchezze mondane, che sono effimere e simili a "tele di ragno". La Comunione è un Sacramento fondamentale per il cristiano, che deve accostarsi alla sacra mensa con grande umiltà e purezza, altrimenti, questo cibo sodo, salutare e corroborativo, diventa nocivo. Il maggiore sacrilegio che si possa commettere, osservò il de Geronimo, è quello di comunicarsi indegnamente e in peccato mortale. Ognuno dovrebbe sprofondarsi nell'abisso del suo niente e fare la Comunione, riconoscendo le proprie debolezze e fragilità.
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