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Se mi accingo a scrivere i ricordi della mia vita, non lo faccio per vedere attoniti e a bocca spalancata i popoli del globo al racconto delle mie gesta. Per ingannare la noia dolorosa del momento, della stagione e della solitudine, incomincio a vergare questi ricordi oggi 8 Febbraio 1902 a ore 9 della mattina, qui in Dianella dove mi trovo ad assistere mia madre, gravemente ammalata. In questo giorno ho sulle spalle cinquantotto anni e sei mesi precisi. La salute e gli interessi mi vanno bene; tutto il resto, male. Piove e vuol piovere. Non avendo modo di metterci un riparo, lasciamo piovere e tiriamo innanzi. Me ne guardi Iddio!
Lo riconobbi da lontano. Lo riconobbi dal suo cavallino bianco. tanto fido e trottatore, e dall'arsenale di pertiche, di biffe e di altri arnesi del mestiere che lui, ingegnere del Comune, si affastellava sul barroccino tutte le volte che aveva da battere la campagna per affari della sua professione. Quando mi fu vicino gli feci un cenno con la mano, e lui rallentò il trotto e si fermò per il saluto e per la chiacchierata indispensabile quando due persone di conoscenza s'incontrano su per i monti, in mezzo ai boschi e in luoghi solitari.
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