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Le poesie di Maâkovskij sono famose in tutto il mondo perché con le sue ¿scalette¿ di versi e con la sua sperimentazione lessicale e grafica sono state innovative e, per un certo tempo, sono state compagne di strada del regime totalitario instauratosi nell¿ottobre 1917. Nel 1923 Maâkovskij andò a New York e davanti a un grattacielo fu ispirato a scrivere la sua prima poesia ¿a scalettä. Probabilmente è stato ispirato dalle finestre accese/spente del grattacielo. Dal 1923 al 1930, anno del suicidio, quasi tutte le sue poesie sono scritte così, con i versi che non vanno a capo del tutto, descrivendo delle ¿scalette¿ con i caratteri tipografici. Il suicidio del poeta nel 1930 ¿ causato in parte dalla disperazione del proprio amore possessivo per Verónika Polónskaâ ¿ si inserisce nel contesto della divaricazione sempre più marcata tra il poeta della (sua personale idealizzata astratta) rivoluzione, e il poeta di riferimento del Partito comunista dell¿Urss ¿ ruolo, quest¿ultimo, che lo metteva sempre più a disagio. I poeti morti suicidi spesso godono di una fama particolare, e in questo Maâkovskij non fa eccezione. Sono stati fatti diversi studi scientifici sulla correlazione tra malattia mentale e poesia, e tra poesia e suicidio, e sono state scoperte varie cose interessanti. In sostanza esiste una correlazione positiva tra schizofrenia e creatività verbale e in particolare poetica. La cosa non deve sorprendere, se pensiamo che scrivere poesie significa spingere al limite estremo il confine tra scrittura ¿ e quindi sintassi, linearità della prosa ¿ e associazione libera ¿ e quindi paradigma, salto logico, metafora, nesso privato. Per dirlo con un termine che è volutamente in parte tecnico-medico e in parte suggestivo di una collocazione di frontiera, i poeti sono «borderline», cavalcano il confine tra lingua e metalinguaggio, fanno il surf sull¿onda che separa l¿esposizione ordinata e l¿affastellamento creativo, e a volte ne sono travolti. Maâkovskij soffriva di certo di un delirio di onnipotenza-grandezza.
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