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Bøker av Massimo Canevacci

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  • av Massimo Canevacci
    265,-

    L'ipotesi del libro muove verso un'antropologia-non-antropocentrica, estesa nelle sensorialità biografiche di cose-oggetti-merci e di animali-piante-minerali tra ecologie mentali, animismi digitali, paradossi vincolanti. A tal fine, il feticismo metodologico disloca le diverse genealogie del feticcio per dirigersi verso le liberazioni possibili di un meta-feticismo oltre le reificazioni. I mass media tradizionali definiscono sempre meno la rivoluzione digitale: il concetto di massa è morto; si sta esaurendo la "mediazione" dei media tra industria culturale e un pubblico compatto; infine, nelle culture digitali ciascun soggetto può decentrare la sua narrativa. Il concetto di social network è un paradosso linguistico. Il network (e il web) dissolve la società nel suo significato industrialista; per cui l'uso inglese di social indica un genere tipologico deprivato della connotazione storica di società. Social trasforma società in codice. L'ubiquità è il concetto-chiave nelle pratiche della comunicazione digitale che modifica la percezione delle coordinate spazio-temporali, in un soggetto ubiquo che transita tra metropoli comunicazionale e culture digitali. Per questo, il web è ubiquo e l'ubiquità caratterizza identità coesistenti nelle esperienze del singolo individuo. Il testo applica il feticismo metodologico nell'introduzione, lo stupore etnografico nelle ricerche, l'ubiquità polifonica nell'antropologo, lo sguardo sincretico nella composizione narrativa. La comunicazione visuale costituisce il centro decentrato e frammentato della cultura intesa antropologicamente, per questo attraversa diversi generi: cinema di fiction e documentario nativo, televisione e serial, fotografia e brand, pubblicità profumata, design personalizzato, architetture impure, voce-off in maschera etc.. La trama narrativa connette l'ecologia di Bateson e il videodrome di Cronenberg, il profumo performato di Kenzo e le strade smarrite di Lynch, le teste mozze di Pasolini, le Thriller Girl di Kracauer e gli storni romani, fino all'auto-rappresentazione di ego-ubiquo e io-porno affacciati sul meta-feticismo. Massimo Canevacci è un antropologo "indisciplinato" e "ubiquo". Le sue ricerche etnografiche hanno attraversato la città polifonica di São Paulo e la linea di polvere nel villaggio Bororo; i sincretismi culturali e i feticismi visuali; la comunicazione digitale e le culture eXtreme. Ha insegnato Antropologia Culturale e Arte e Culture Digitali presso l'Università degli Studi di Roma "La Sapienza". Come Visiting Professor è stato invitato in diverse università Europee, Tokyo (Giappone), Nanjing (China). Attualmente è Visiting Professor nella cattedra "Edward Said" - Università di São Paulo UNIFESP, eppure la sua condizione di semi-esiliato non sembra ancora finita.

  • - Bororo Culture Between Tradition, Mutation and Self-representation
    av Massimo Canevacci
    1 094,-

    In this volume Massimo Canevacci draws on ethnographic fieldworkcarried out together with Bororo of the Mato Grosso (Brazil), in particular Kleber Meritororeu, to examine the tensions, conflicts and exchanges between transformation and tradition. The practical as well as political keyword in his approach is self-representation. From this follows the incorporation of Bororo subjectivities into the text, and the focus on the emotional, philosophical and sacred aspects of their famous funeral ritual, in which their status as bothperformers and the interpreters is emphasized by their use of the digital camera.The book takes its name from the line of dust laid down by a mestre dos cantos (master of chants), José Carlos Kuguri, between the anthropologist and himself: both a representation of an immaterial boundary, and a syncretic challenge to understand the transfiguration from a dead individual corpse to a livingancestral skull, an arara. Canevacci's answer is an assemblage of different narratives, in which an 'astonished' methodology of sensorial concepts, emotional photos and innovative logics traverses the entire Bororo funeral. He finds there is no dualism to life and death for the Bororo, but rather a porous, continuous transit and mixing of body and corpse, of humans and animals,of plants and deities; and that their sacred cosmology is time and again created and recreated via their wailing songs and circular dances, skin scarifications and bone painting. Their rituals are no mere repetition of tradition. They are also an attempt to respond to the changes inside and outside their aldeia (village), and to reenact their shifting cultures, subjectivities and identities.Massimo Canevacci is Professor of Cultural Anthropology, Digital Arts and Culture at the University of Rome 'La Sapienza' and Visiting Professor at the Institute of Advanced Study of the University São Paulo (IEA-USP). In 1995 he received 'The National Order of the Cruzeiro do Sul' (Southern Cross) from the President of the Federal Republic of Brazil for his research.

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