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GUIDO. Vedermi dunque ella chiedea? Ravenna Tosto lasciai; men della figlia caro Sariami il trono della terra. LANCIOTTO. Oh Guido! Come diverso tu rivedi questo Palagio mio dal dì che sposo io fui! Di Rimini le vie più non son liete Di canti e danze; più non odi alcuno Che di me dica: Non v'ha rege al mondo Felice al pari di Lanciotto. Invidia Avean di me tutti d'Italia i prenci: Or degno son di lor pietà. Francesca Soavemente commoveva a un tempo Colla bellezza i cuori, e con quel tenue Vel di malinconia che più celeste Fea il suo sembiante. L'apponeva ognuno All'abbandono delle patrie case E al pudor di santissima fanciulla, Che ad imene ed al trono ed agli applausi...
Nell'anno 1160 vivea in Saluzzo un arimanno per nome Berardo della Quercia, il quale godea da lungo tempo tal grazia del suo signore, Marchese Manfredo, che sarebbe quasi potuta dirsi amicizia. Berardo, sfuggendo gli onori della corte e stando ordinariamente nei suoi campi, venia visitato dal Marchese e consultato sopra molti capi del suo governo: tanto era noto il retto animo ed il senno di quel buon suddito, per nobili prove ch'egli spesso ne avea date; e tanto a far pregiare simili doti giovava la sua singolare modestia. Giunse fino ai principii della vecchiaia senza patire gravi sciagure; ma egli avea partecipato alle altrui, come se fossero sue, e quindi il cuore non gli si era ind...
Nell'anno 1160 vivea in Saluzzo un arimanno per nome Berardo della Quercia, il quale godea da lungo tempo tal grazia del suo signore, Marchese Manfredo, che sarebbe quasi potuta dirsi amicizia. Berardo, sfuggendo gli onori della corte e stando ordinariamente nei suoi campi, venia visitato dal Marchese e consultato sopra molti capi del suo governo: tanto era noto il retto animo ed il senno di quel buon suddito, per nobili prove ch'egli spesso ne avea date; e tanto a far pregiare simili doti giovava la sua singolare modestia. Giunse fino ai principii della vecchiaia senza patire gravi sciagure; ma egli avea partecipato alle altrui, come se fossero sue, e quindi il cuore non gli si era indu...
- Perché alle torri del superbo Irnando Sempre drizzi lo sguardo, o mio Camillo? - Sposa, io molto l'amava; e in questi giorni Di nevose bufère, ognor la dolce Nostra infanzia mi torna alla memoria, Quando, arridenti il padre suo ed il mio, O di soppiatto noi dalle castella Usciti, incontravamci appo la riva Congelata del Pellice, e lung'ora Qua e là sdrucciolon ci vibravamo Ridendo e punzecchiandoci e luttando, E sul ghiaccio cadendo, e (bozzoluta Indi spesso la fronte o insanguinata) Tornando a casa lieti e tracotanti. Allora il padre suo, se all'un di noi Vedea della caduta in fronte il segno, Chiedevagli: "Hai tu pianto?" Ed il ferito Gridava: "No. o Ed a tal risposta...
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