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ULISSE, NEOTTOLEMO e i suoi seguaci. ULISSE. Sì; questa è l'erma inabitata costa Della cinta dal Mar Lenno, dov'io, O del più forte in fra gli Elleni Achille Nëottolemo figlio, esposi un giorno, Per commando de' re, quel Melïense Di Peante figliuolo, a cui dal piede Gemea l'umor di corrodente piaga. Ei nè libar, nè sagrificio in pace Far ne lasciava, e tutta ognor l'armata
ANTIG. O Ismene, or di' germana mia: de' mali, Onde cagion fu Edípo, alcun ne sai Che, viventi ancor noi, non compia Giove? Nulla evvi pur d'obbrobrïoso e turpe, Che a' tuoi danni ed a' miei giunto io non vegga. Ed or qual bando è questo che il regnante (Siccome è grido) a' cittadini tutti Posto ha testè? N'hai tu contezza? udisti Favellarne? o non sai che a' nostri amici
Scena, piazza in Tebe avanti alla Regia. EDIPO RE EDIPO e un SACERDOTE. Altri Sacerdoti, Vecchi, Garzoni, tutti seduti in atto di supplicanti. EDIPO. O figli, prole del vetusto Cadmo, Perchè qui ne venite ad assedervi, Recando in man supplici rami? E tutta È la città di vaporanti incensi E d'inni insieme, e di lamenti piena.
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