Om Il mio tempo: Un'adolescente negli anni '60
Cora, una giovane restauratrice, trova in un baule due diari vergati da una calligrafia delicata. La lettura la trascina negli anni '60 e nella vita di Michela, una ragazzina, di cui ignora la vera identità. Inizia così un racconto parallelo - la vita di Cora nel mondo contemporaneo e le vicende di Michela - e una ricerca che condurrà alla scoperta di molti segreti. Donne di generazioni diverse sono le affascinanti protagoniste del romanzo, che si snoda tra flash-back e colpi di scena. Sullo sfondo c'è un affresco degli anni '60 in un discreto confronto con la società attuale.INCIPITMercoledì, 2 novembre 1966. Mattina. Piove. Piove senza sosta, da molti giorni. La noia è devastante. Non ho nulla da fare. Uscire è impossibile: il cortile è un pantano. Mi angoscio e sento un vuoto interiore. La pioggia che annega il cielo e la campagna, m'inquieta e ne ignoro la ragione. Ho deciso di scrivere. Provo un irresistibile bisogno di raccontare. Narrare è necessario, per vincere questo tedio struggente. Pomeriggio Noi ragazze non possiamo uscire e in tutto dipendiamo dagli adulti. Quando ho saputo che l'istitutrice andava in centro, sono corsa su per le scale strette e buie, e sono inciampata in un gradino: sarei caduta, se non mi fossi aggrappata al corrimano. Mi sono precipitata in portineria, appena in tempo. La signorina Mariella aveva già aperto la porta. Al mio richiamo, si è girata, sorpresa di vedermi. Michela, dimmi, ha esclamato, sollevando le sopracciglia sottili. Vorrei un quaderno, ho risposto. Come dev'essere? ha chiesto brusca, senza togliere la mano dalla maniglia, come chi ha molta fretta. Alto e con la copertina plastificata, ho precisato. Va bene. Lo vuoi a righe o a quadretti? ha aggiunto con un sorriso gentile. Ho sollevato una spalla e, increspando il labbro superiore, ho replicato: Fa lo stesso. Ha strizzato le ciglia e le pupille sono diventate piccole piccole. Per quale materia ti occorre? ha voluto sapere. La mia indecisione deve averla confusa. Nessuna. Scriverò di me, mi è sfuggito. Poi mi sono pentita. Ha spalancato le palpebre truccate con il kajal nero che sporca lo sguardo innocente. No, non dirmi. Anche tu, il diario? Sì, ho ammesso, seria. Ora, sorge il dubbio. La sua era una domanda o una critica? Ha alzato il mento. Che cosa scriverai? ha chiesto. A saperlo, ho pensato, abbassando gli angoli della bocca in un'espressione incerta. Inizio con la cronaca della mia vita, l'ho sparata grossa. Ha annuito con piccoli cenni del capo. Vedrò d'accontentarti, ha detto salutando con un gesto della mano. Poi ha aperto l'uscio. Grazie, torni subito, le ho detto, mentre si chiudeva la porta alle spalle. Avrei voluto suggerirle di non fermarsi al bar a bere il caffè e a parlare dell'Arno gonfio di pioggia, ma lei era già sparita. Sono ritornata verso lo studio uno, rasserenata dal suo buon gusto, aggrappandomi al regolo, per non ruzzolare dalla scalinata. Accidenti, è davvero pericolosa. Prima di rientrare, mi sono attardata in veranda accanto a una delle numerose porte finestra. Rapita dai rovesci dell'acqua, ho osservato la cuoca che guadava la corte con ai piedi un paio di stivaloni di gomma e si allontanava a passi lenti sotto la pioggia scrosciante. Viene giù a secchiate, da ore e ore. Ho fissa nella mente l'immagine della direttrice che, disperata, alza gli occhi al cielo e ripete: Ohi, il Signore Iddio s'è scordato di noi fiorentini.Il tema a piacere Sera. Ricordo d'aver fatto un tema, ricco di senso, in prima media di cui ancora conservo la minuta. È la mia prima storia. Oggi compito in classe, disse la professoressa, togliendo dalla borsa tre fascicoli di prove. Ma non ci ha avvisato, protestammo in coro. Indugiò un istante. Guardò da un angolo all'altro dell'aula e riprese a rovistare nella borsa. Non importa. È un tema libero. Voglio vedere se avete fantasia,
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